Manutenzione pompa di calore: tutto quello che devi sapere

 Manutenzione pompa di calore

Anche le pompe di calore devono eseguire la manutenzione ordinaria e il controllo di efficienza. Conviene valutare un contratto con il Centro di Assistenza?

Per garantire sicurezza e prestazioni, tutti gli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva sono soggetti per legge alla manutenzione periodica. In questa categoria di apparecchi non ci sono solo le caldaie a gas, ma anche le altre tecnologie per riscaldare e raffrescare gli ambienti, come le pompe di calore . Una corretta manutenzione e una regolazione precisa consentono di ridurre sensibilmente i consumi di questi impianti e, conseguentemente, le nostre bollette. Senza dimenticare che un impianto ben tenuto inquina di meno!
Ecco quali controlli devi fare sulla pompa di calore e i costi.

La manutenzione della pompa di calore è obbligatoria?

Assolutamente sì. Le pompa di calore sono generatori di calore disciplinati dalla normativa vigente; devono, quindi, avere il libretto d’impianto (il “documento di riconoscimento” di ogni impianto termico, come definito dal D.M. 10 febbraio 2014) ed essere sottoposti a manutenzione periodica, come per le caldaie.
La manutenzione ordinaria deve essere effettuata con la periodicità prevista nelle istruzioni tecniche rilasciate dalla ditta installatrice o dal fabbricante degli apparecchi: generalmente va fatta ogni anno o ogni due anni. Per legge deve essere fatto anche un ulteriore controllo di efficienza energetica dell’impianto, con tempistiche che possono non coincidere con quelle dell’intervento di manutenzione. In questo caso è la normativa a stabilire le scadenze: per le pompe di calore elettriche di potenza termica superiore ai 12 kW e fino ai 100 kW il controllo di efficienza energetica va fatto ogni 4 anni.
Per il responsabile dell’impianto (il proprietario di casa oppure l’affittuario) che non provvede alle operazioni di manutenzione e controllo sono previste sanzioni.

Manutenzione Daikin

Chi deve fare la manutenzione delle pompe di calore?

La manutenzione delle pompe di calore deve essere fatta da imprese abilitate ai sensi del Decreto del Ministro per lo Sviluppo Economico 22 gennaio 2008, n. 37, esattamente come nel caso delle caldaie. Questo significa che potrai eseguire in autonomia solo alcune semplici operazioni, come la pulizia dei filtri aria dei sistemi split.
Dal punto di vista legale, un’azienda installatrice oppure un centro di assistenza sono equiparati. È comunque sempre consigliabile rivolgersi al servizio tecnico autorizzato dal marchio del proprio apparecchio.

Quali controlli vengono effettuati durante la manutenzione?

La manutenzione ordinaria prevede sostanzialmente operazioni di pulizia generale dei filtri e dell’unità esterna e il controllo di temperature e pressioni. I controlli di efficienza energetica sul rendimento del sistema sono fatti secondo quanto riportato sulla documentazione tecnica.

È importante la pulizia dell’unità esterna?

La pulizia dell’unità esterna è fondamentale. Una pompa di calore funziona come un frigorifero che, invece di tenere in fresco il cibo, riscalda o raffresca l’acqua o l’aria. Proprio come si rimuove la polvere dalla parte posteriore del frigorifero, pulendo il radiatore a serpentina dove avviene lo scambio di calore tra l’ambiente e il fluido, nella pompa di calore va pulita la batteria esterna. Se la superficie radiante è sporca (ad esempio foglie, polvere o altri tipi di depositi), ne risente la capacità di scambio termico e si abbassa l’efficienza del sistema.

Quanto costa la manutenzione di una pompa di calore?

I costi per una manutenzione periodica ordinaria si aggirano attorno ai 150 euro. Tuttavia, ci sono alcuni fattori che incidono fortemente sulla spesa, come la facilità di accesso all’unità esterna (ad esempio, se è sul tetto!) o la tipologia di pompa di calore, se oltre al riscaldamento provvede anche al raffrescamento. Vale sempre la pena considerare se conviene pagare ad ogni scadenza il costo della semplice manutenzione obbligatoria, per mettere il “timbro sul libretto”, oppure investire in un estensione di garanzia dove, a fronte di un costo non troppo differente, ci sono molti vantaggi aggiuntivi. Con un contratto di questo tipo, per esempio, puoi verificare che al momento di far ripartire l’impianto di riscaldamento sia tutto a posto, o puoi contare sulla pronta disponibilità di un tecnico in caso di guasto anche nel fine settimana (sabato mattina).

Quali problemi “straordinari” possono verificarsi con le pompe di calore?

Se la pompa di calore è installata e messa in servizio correttamente dal punto di vista delle regolazioni, è un generatore che non presenta particolari problematiche, proprio come un climatizzatore. In caso di anomalia, tutte le pompe di calore di ultima generazione, dispongono di un menu “parlante” che indica con precisione, tramite un codice di errore, di che problema si tratta e dove bisogna agire. Dovrai solo leggere il libretto di istruzioni per capire se è il caso di chiamare un tecnico.

Biomassa
 

 

UNI 11859-1 e UNI 10389-2 per gli apparecchi a biomasse legnose

 Caldaie Biomassa

Il Comitato Termotecnico Italiano (CTI) ha prodotto due nuove norme che riguardano le biomasse: si tratta della nuova UNI 11859-1 sulla verifica della sicurezza e della nuova UNI 10389-2 che tratta le misurazioni in campo per gli apparecchi a biomasse legnose.

Presentate le due nuove norme prodotte dal Comitato Termotecnico Italiano (CTI) e relative alle

biomasse e agli apparecchi a biomasse legnose, una fonte di energia “alternativa” che ha la sua rilevanza in chiave riscaldamento e ACS anche a ridosso degli impegni al contenimento dell’uso di energia da fonte fossile che ci viene proposto come trend e obbligo da istanze ambientali e legate all’incremento dei costi degli idrocarburi.

La nuova UNI 11859-1 sulla verifica della sicurezza

È stata pubblicata UNI la UNI 11859-1:2022 che stabilisce i criteri per verificare la sussistenza dei requisiti di sicurezzadei sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione (SEPC) degli impianti ad uso civile in esercizio alimentati a combustibile liquido e/o solido (pellet di legno, bricchette di legno, cippato di legno, legna da ardere), indipendentemente dalla data della loro realizzazione e dalla potenza termica, al fine di stabilire se la parte di impianto oggetto di verifica può continuare o meno ad essere utilizzata nello stato in cui si trova, senza pregiudicarne la sicurezza.

Verificarne la sicurezza è un requisito che si accompagna alla valutazione di convenienza: non dimentichiamo che le condizioni di sicurezza in questo caso hanno strettissima correlazione con quelle di salubrità dell’ambiente in cui questi impianti operano, per cui è estremamente importante comprendere come questa norma tratta esclusivamente gli aspetti di verifica e pertanto non può essere utilizzata come norma di progettazione, né di installazione, né per l’adeguamento. La norma è unica nel suo genere e va a colmare un vuoto normativo delicato: prima della UNI 11859-1:2022 non si avevano dei riferimenti normativi in merito alle procedure di verifica degli impianti esistenti alimentati a biomasse legnose e a combustibile liquido. Le linee guide descritte nella norma hanno come oggetto il SEPC e l’eventuale suo sistema di scarico delle condense, ma c’è in programma l’elaborazione di successive procedure di verifica per le altre parti d’impianto: locale d’installazione, apparecchio e linea adduzione combustibile liquido che permetteranno di completare l’insieme delle indicazioni di sicurezza che contraddistinguono un impianto “a norma”.

La UNI 11859-1:2022 è destinata a installatori, manutentori, ispettori e liberi professionisti, tutte quelle figure professionali definite con il termine di “operatore” ovvero soggetto in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione vigente, incaricato di effettuare le verifiche oggetto della presente norma. La norma può essere un prezioso strumento per l’installatore, ai fini di modifiche su un impianto esistente in cui è necessario che l’installatore realizzi le opere in conformità alle norme vigenti e verifichi che la rimanente parte di impianto esistente sia compatibile, cioè sia sicura (vedi art.7 del DM 37/08), ma offre un importante supporto anche al manutentore e all’ispettore in fase di controllo e manutenzione dell’impianto che, a seguito dei controlli eseguiti sull’impianto, devono dichiarare che sia sicuro e funzionale; infine può essere adeguatamente utilizzata anche dal responsabile tecnico o libero professionista quando per esempio devono redigere una dichiarazione di rispondenza.

Apparecchi a biomasse legnose: controlli integrati, visivi e strumentali

Le attività di verifica del SEPC e del suo eventuale sistema di scarico delle condense vanno eseguite con controlli visivi e controlli strumentali e per ciascuno di essi la norma definisce i criteri che l’operatore deve seguire per determinare se l’impianto è idoneo o non idoneo al funzionamento.
Va notato che nella norma vengono anche individuate
anomalie che non costituiscono pericolo immediato e consentono l’utilizzo dell’apparecchio a cui è collegato il SEPC per un periodo di tempo (massimo 30 gg solari) entro il quale il SEPC deve essere adeguato.

I controlli strumentali sono finalizzati ad accertare la corretta evacuazione dei prodotti della combustione durante il normale funzionamento degli apparecchi e si articolano nelle verifiche dei seguenti parametri:

  • l’adeguato afflusso di aria comburente;
  • l’assenza di riflusso o fuoriuscita dei prodotti della combustione verso l’ambiente interno;
  • la corretta evacuazione dei prodotti della combustione (depressione);
  • la tenuta del condotto intubato (solo per impianti a combustibile liquido).

La funzionalità del SEPC è soddisfatta quando si verificano tutte le condizioni sopracitate.
I
controlli visivi invece sono caratterizzati da un esame delle parti accessibili esterne e di quelle interne mediante osservazione diretta o con il supporto di adeguate tecniche strumentali della struttura del camino/condotto intubato. I controlli visivi consistono nella verifica dei materiali del SEPC, nonché della sua compatibilità con gli ambienti in cui è allocato, inoltre vanno controllati i criteri di posa dei canali da fumo, condotti di evacuazione dei prodotti della combustione e collettori. Le attività di controllo comprendono inoltre la verifica dei comignoli, della quota di sbocco, dello stato di conservazione del SEPC, della compatibilità tra apparecchi e SEPC e della distanza da materiali combustibili.
La norma introduce un nuovo concetto o metodo di “controllo”: quello invasivo (eseguito sulle parti dell’impianto non visibili e/o non ispezionabili) mediante smontaggio o demolizione delle strutture circostanti. Si specifica che questa tipologia di controllo spesso può essere necessaria per verificare un importante elemento ancora in materia di sicurezza e cioè la distanza del SEPC da materiali combustibili come per esempio la prossimità di solette o solai in legno.
I controlli si concludono infine con la
verifica del sistema di scarico delle condense su SEPC funzionanti ad umido. Il sistema di scarico delle condense deve essere realizzato in modo da impedire la fuoriuscita di prodotti della combustione in ambiente o in fognatura e garantire la corretta evacuazione delle condense in ogni condizione di funzionamento.

Apparecchi a biomasse legnose: rapporto, anomalie, idoneità

Alla conclusione dei controlli l’operatore deve compilare il rapporto tecnico di verifica, riportando il giudizio conclusivo sullo stato di sicurezza e sull’idoneità al funzionamento oppure l’idoneità all’uso temporaneo oppure la non idoneità al funzionamento del SEPC.
I criteri per determinare la gravità di un’anomalia (idoneo al funzionamento temporaneo o non idoneo al funzionamento) sono definiti con chiarezza dalla norma, salvo diversa valutazione dell’operatore che può giudicare l’impianto idoneo al funzionamento temporaneo a seguito di uno o più anomalie riscontrate.

La norma prescrive che, nel caso in cui l’operatore evidenzi un giudizio di non idoneità al funzionamento, l’apparecchio collegato al SEPC deve essere messo immediatamente fuori servizio. L’operazione di messa fuori servizio deve essere attuata in modo da non consentire l’utilizzo dell’apparecchio. La CT 258 a tal proposito ha cercato di individuare alcuni esempi realmente applicabili e non esaustivi per la messa fuori servizio come l’intercettazione dell’alimentazione del combustibile, l’intercettazione dell’alimentazione elettrica e per gli apparecchi a caricamento manuale, il cartello di avviso ha la funzione di messa fuori servizio. La norma contiene inoltre diverse appendici normative, tra cui l’appendice A sul Rapporto Tecnico di Verifica (RTV), l’appendice B sulla Prova di ventilazione ambiente e caratteristiche degli strumenti e altre che prevedono le procedure di verifica.

La UNI 11859-1:2022 è stata pubblica contestualmente alla UNI 10389-2 che va ad arricchire il patrimonio normativo degli impianti alimentati a biomassa legnosa.

UNI 10389-2: misurazioni in campo per gli apparecchi a biomasse legnose

La UNI 10389-2:2022 è finalmente giunta a pubblicazione: la sua importanza è collegabile a quanto già scritto sopra, anche perché questa procedura andrà a colmare una lacuna che interessa anche la capostipite delle norme della serie 10389.
Infatti, per gli
impianti alimentati a combustibile gassoso e liquido, fra le procedure di misurazione descritte nella UNI 10389-1:2019 manca quella per la determinazione della depressione in camino; per gli apparecchi a gas si fa riferimento a quella descritta nella UNI 10845, ma per quelli a gasolio sarà proprio l’appendice comune alla UNI 10389-2 e alle altre due norme in attesa di pubblicazione a fornire le corrette modalità operative.

A parte alcuni aggiustamenti editoriali, finalizzati a rendere ancora più stretta la somiglianza con la UNI 10389-1 (pensando soprattutto ai manutentori e agli ispettori degli impianti termici, che spesso nel loro lavoro dovranno alternare l’utilizzo dell’una o dell’altra norma) il testo contiene alcuni punti salienti che andiamo a descrivere.

Generatori di calore alimentati a biocombustibile

Il campo di applicazione è limitato ai generatori di calore alimentati a biocombustibile solido non polverizzato, destinati al riscaldamento degli ambienti e/o alla produzione di acqua calda sanitaria, con o senza cottura cibi. Sono esclusi gli impianti inseriti in cicli di processo, gli apparecchi destinati alla sola cottura cibi e gli impianti dotati di strumentazione di analisi in continuo.

Il combustibile utilizzato deve rispondere ai requisiti di cui alle norme della serie UNI EN ISO 17225, che definiscono le specifiche dei diversi biocombustibili solidi.
La procedura di
verifica della depressione in camino/canale da fumo si applica in presenza di apparecchi la cui espulsione dei prodotti della combustione non è in pressione; tale procedura e le caratteristiche della strumentazione da utilizzare sono contenute nell’Appendice C (normativa).

Dalla UNI 10389-1 alla UNI 10389-2: misure, procedure e strumentazione

La misurazione dei parametri necessari a determinare la perdita di calore sensibile con i prodotti della combustione (e quindi il rendimento di combustione dell’apparecchio) si applica esclusivamente a caldaie (UNI EN 303-5) alimentate con biocombustibile solido non polverizzato e ad apparecchi a pellet a caricamento automatico, stante l’impossibilità negli altri casi di mantenere stabile la combustione per il tempo richiesto dalla procedura.

Lo strumento portatile multifunzione per la misurazione dei parametri di combustione deve essere conforme alla CEI EN 50379-1 vigente al momento della sua produzione; è lo stesso previsto per l’analoga misurazione prevista dalla UNI 10389-1 per apparecchi alimentati a combustibile gassoso o liquido, però deve ovviamente essere in grado di soddisfare le diverse condizioni operative. La misurazione dell’umidità o, in alternativa, del contenuto idrico della legna deve essere effettuata mediante igrometro elettrico portatile, con le procedure indicate nella norma per i ciocchi e per il cippato; per pellet e brichette si assume il valore dichiarato dal fornitore.

Il campionamento dei prodotti della combustione ha inizio quando l’apparecchio ha raggiunto uno stato di regime; diversamente da quanto accade per gas e combustibili liquidi sono possibili momentanee fluttuazioni anche rilevanti dei parametri di combustione, per ovviare ai quali il campionamento ha la durata di almeno 15 minuti con una frequenza di una misurazione al secondo; la media degli almeno 900 valori ottenuti permette di smussare gli effetti di tali fluttuazioni.

La determinazione del rendimento di combustione si ottiene con la stessa formula impiegata nella UNI 10389-1, ovviamente con coefficienti diversi e distinti per biomassa legnosa (legna, pellet, cippato, brichette ecc.); i coefficienti variano anche in funzione del contenuto idrico del combustibile.

Tutte le altre procedure operative e il modello del rapporto di prova ricalcano, con le necessarie variazioni, quelle previste dalla UNI 10389-1; vale la pena rammentare che il rapporto di prova può anche essere redatto in formato elettronico oltre che cartaceo.

Difficoltà di campionamento delle polveri sottili

Rimane sempre aperto il problema della misurazione delle polveri sottili che attualmente è normalizzata solo con metodo gravimetrico (il campione è ottenuto per deposito su un filtro attraverso il quale viene fatto passare un determinato volume dei prodotti della combustione; il filtro è quindi inviato a un laboratorio per la pesatura) che oltre a non fornire il risultato in tempo reale è di difficile attuazione e comunque per apparecchi ad uso domestico non praticabile. Sono in commercio da tempo strumenti portatili che consentono una misurazione in tempo reale, con una procedura approvata dal VDI tedesco; è stata fatta richiesta al comitato tecnico del CENELEC che ha preparato la norma sugli analizzatori di combustione di predisporre un addendum a tale norma relativo alle specifiche tecniche per tali misuratori, così da poterli impiegare in un prossimo futuro avendo la copertura di una norma di prodotto.
La pubblicazione della UNI 10389-2 arriva comunque in tempo per consentire il
controllo di efficienza energetica sugli impianti a biomasse legnose, previsto dal decreto legislativo 10 giugno 2020, n. 48, non appena il ministero competente emani il decreto attuativo che sostituirà il Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74.

Scarico fumi in facciata o a tetto?

Scarico a tetto

 

Si può scaricare in facciata o bisogna scaricare a tetto?

Capiamolo meglio in questo articolo:  

 

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Lavaggio impianti di riscaldamento

 

Gli installatori sanno che la maggior parte dei problemi degli impianti di riscaldamento è legata alla corrosione. Del resto, anche solo dopo 6 mesi a contatto con l’acqua, l’efficienza di un impianto può risultare compromessa.

Infatti, se il metallo delle tubazioni si corrode, iniziano a formarsi detriti e fanghiglie che si depositano nel sistema (spesso nella parte inferiore dei termosifoni), riducendo anche di molto la circolazione dell’acqua e lo scambio termico.

 

Come funziona un defangatore magnetico

I detriti che hanno origine dalla corrosione sono un mix di particelle magnetiche e non magnetiche che circolano, si depositano e si stratificano nell’impianto.

Un filtro defangatore magnetico è in grado di catturare le particelle magnetiche circolanti e – se è dotato di una maglia filtrante – può trattenere le particelle non magnetiche sospese con dimensioni superiori al grado di filtrazione.

Tuttavia i defangatori hanno scarsi risultati sugli impianti già compromessi dalla corrosione e quindi sulle particelle già stratificate all’interno dell’impianto. Infatti, anche se lasciassimo circolare nel sistema un prodotto chimico dedicato, per portare in sospensione le incrostazioni e disperdere gli ossidi di ferro, non saremmo in grado di rimuovere dalle tubazioni tutti i detriti che nel tempo si sono depositati e stratificati.

 

Come funziona un lavaggio impianti

 

Un lavaggio professionale di un impianto di riscaldamento – con l’utilizzo di una pompa lavaggio impianti e di prodotti chimici adeguati – elimina al 100% tutte le particelle magnetiche e non magnetiche, depositate e stratificate.

Soprattutto quando un impianto è altamente compromesso o addirittura occluso, l’utilizzo di una pompa professionale si rivela fondamentale per la rimozione dei depositi più ostinati che tendono ad accumularsi nei punti in cui il normale flusso dell’acqua non riesce ad arrivare (solitamente nelle parti basse dei termosifoni). La circolazione dell’acqua nel sistema, infatti, avviene in una sola direzione e con una portata fissa.

Con l’utilizzo di una pompa esterna dotata di un invertitore di flusso e di un’elevata portata è però possibile – anche con il solo prelavaggio con acqua – rimuovere la maggior parte dei detriti presenti nell’impianto. Per eliminare poi al 100% tutte le particelle è necessario utilizzare prodotti chimici dedicati.

 

Quando occorre eseguire il lavaggio impianto di riscaldamento?

Il Decreto del Presidente della Repubblica 59 del 2009, attuativo dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b) del decreto Legge 192/2005, indica i casi in cui il lavaggio chimico dell’impianto è obbligatorio.

Ciò avviene nelle seguenti circostanze:
• in caso di
ristrutturazione, se l’intervento interessa anche l’impianto stesso
• quando
si sostituisce la caldaia tradizionale con una a condensazione.

L’intervento è particolarmente importante in quest’ultimo caso. Molte aziende infatti non considerano valida la garanzia del prodotto se non si dimostra di aver eseguito questa procedura.

Ci sono poi altri casi in cui il lavaggio è soltanto facoltativo, ma è vivamente consigliato dai tecnici.
Spesso infatti ci sono segnali che rappresentano le prime avvisaglie di un deterioramento dell’efficienza dell’impianto. Si tratta di quei casi in cui si avvertono sintomi come questi:
• alcune stanze sono più fredde rispetto ad altre
• l’impianto impiega molto tempo prima di raggiungere la temperatura dovuta
• alcuni radiatori sono freddi anche a impianto aperto, in particolare nella parte inferiore
• la caldaia risulta più rumorosa del normale.

Per concludere, un lavaggio dell’impianto a regola d’arte andrebbe eseguito almeno ogni 10 anni.

Tuttavia, soprattutto se non è mai stato condotto, l’intervento determina una maggiore efficienza energetica dell’impianto e quindi un risparmio energetico.

Per una famiglia media ciò si può tradurre in un risparmio sulla bolletta del gas fino a 150 euro l’anno. Il risparmio corrisponde a circa il 10 – 15% della spesa annua.

 

Per qualsiasi chiarimento in merito non esitate a contattarci!!!

 

Caldaie a gas: ecco la nuova UNI 10436:2019 su controllo e manutenzione

 

La nuova edizione della norma UNI 10436 “Caldaie a gas con portata termica nominale non maggiore di 35 kW – Controllo e manutenzione” pubblicata il 21 novembre 2019, si innesta nel più ampio quadro della manutenzione degli impianti termici e va a colmare alcune lacune emerse in sede di compilazione del rapporto di controllo di efficienza energetica di tipo 1.

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